Basquiat, la parabola di un cattivo ragazzo d'oro

La copertina del volume
Anna Minola |

È il momento dei graffitisti. A Milano si è da poco conclusa la mostra di Jean-Michel Basquiat al Mudec e si è aperta quella di Keith Haring a Palazzo Reale.
Vale la pena quindi segnalare l’uscita del libro che Michel Nuridsany dedica a Basquiat. Colpisce, oltre alla ricchissima messe di informazioni, la passione con cui l’autore parla dell'artista, da lui ammirato per il talento, l’energia, ma anche per la grazia, l’eleganza, la dignità, la regalità. E lo ammira anche quando dice: «Mi piace anche passare per un cattivo ragazzo. Lo adoro».
Nato a Brooklyn nel 1960 da padre haitiano e madre portoricana, Basquiat vive un’«infanzia poco paradisiaca». La madre lo conduce a visitare mostre e musei, mentre il padre è molto severo. Ama la musica, soprattutto il jazz di Charlie Parker. Riesce bene negli studi primari, ma i continui traslochi, i cambiamenti di scuola, le furibonde liti fra i
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