Patriarca ma rivoluzionario

Balla, il più anziano tra i fondatori del Futurismo, era anche quello più lungimirante

Giacomo Balla «Paravento» (1916-17)
Ada Masoero |  | Milano

Con la mostra «Giacomo Balla. Ricostruzione futurista dell’universo» (dal 12 ottobre al 2 dicembre, a cura di Fabio Benzi) Bottegantica inaugura il nuovo format espositivo «Modern/Lab», dedicato ai maestri del secolo scorso. Dei cinque «padri fondatori» del Futurismo, firmatari dei due manifesti pittorici del 1910, Balla era il più anziano, nato com’era nel 1871 (Boccioni, Carrà, Russolo e Severini erano dei primi anni Ottanta) e, come ricorderà Severini, allo schiudersi del ’900 era anche stato il «maestro di Divisionismo», a Roma, suo e di Boccioni.

Eppure, benché avesse almeno dieci anni più di loro e fosse stato chiamato dai suoi ex allievi a firmare i manifesti per garantire autorevolezza al nuovo movimento, in virtù del successo conseguito a Roma come ritrattista della borghesia più colta, fu lui che, più e prima di ogni altro, seppe traghettare il Futurismo nella sua seconda
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