Storie per piagnoni
All’Accademia Carrara riunite due tavole di Sandro Botticelli
Quando Sandro Botticelli (1445-1510), nel primo decennio del ’500 dipinge le «Storie di Virginia Romana» e le «Storie di Lucrezia», è un uomo sfiduciato: finiti i giorni della gloria, quando era fra i favoriti dei Medici e lavorava alla Cappella Sistina, dopo la morte di Lorenzo, nel 1492, e le turbolenze che ne seguirono, l’artista diventò seguace (lo scrive Vasari, biasimandolo) dell’apocalittico predicatore fra’ Girolamo Savonarola.
Fu allora che ricevette alcune committenze dai fedeli del frate, detti a Firenze «piagnoni». Ma quando nel 1498 Savonarola fu impiccato e quelli dovettero fuggire da Firenze, si ritrovò isolato. Fra le poche committenze che ricevette ancora, una, sempre a sentir Vasari, fu dei Vespucci e fu proprio quella delle due «Storie», da collocare nella spalliera lignea di una stanza, probabilmente nuziale.
Le «Storie» sono, infatti, esempi di virtù (e di
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